Care compagne e cari compagni,
come ultimo atto del nostro documento congressuale, ci è sembrato opportuno proporre alcuni brevi elementi di valutazione del congresso. Naturalmente, si tratta di note del tutto personali che non pretendono di rappresentare una posizione collettiva. Abbiamo cominciato assieme un percorso, con la sottoscrizione del documento congressuale al CPN, e ci è sembrato giusto concluderlo con una riflessione altrettanto comune.
Ve la proponiamo semplicemente come un punto di vista.
Non possiamo non partire da un bilancio critico del congresso. La divisione ha attraversato tutto il dibattito: dai circoli alle federazioni. La spaccatura è giunta sino a Chianciano e lì si è drammaticamente confermata. Noi siamo stati sconfitti. Non è stata sconfitta solamente la nostra mozione: avendo raccolto soltanto l’1,52% dei consensi, non avevamo la pretesa di essere ‘vincenti’. Parliamo di qualcosa più di fondo, dell’ispirazione che ci ha fatto incontrare lungo il percorso di questo congresso: evitare la spaccatura verticale del partito. Questo non voleva dire evitare il conflitto e la decisione su punti fondamentali di linea politica. Significava una cosa diversa: che il conflitto sui contenuti non si trasformasse in guerra interna, in schieramenti ossificati, ostili e non comunicanti. Non ce l’abbiamo fatta.
Dobbiamo, non solo indagare il perché di questo esito ma soprattutto interrogarci ora sul da farsi.
Nel dibattito, con l’intervento iniziale di Mercedes Frias e con i due interventi nell’assemblea congressuale, abbiamo provato ad argomentare le nostre ragioni sui punti di svolta politica che chiedevamo al partito, sulla prospettiva di Rifondazione, sul rilancio dell’opposizione, sull’alternatività al PD, sulla presentazione del nostro simbolo e della nostra lista alle elezioni europee, sul rapporto di internità con il movimento altermondialista e sul rilancio della sinistra europea, sui motivi che ci hanno spinto a richiedere la non elezione in questo congresso del segretario e la nomina di due portavoce.
Non crediamo che nel dibattito generale, le nostre posizioni abbiano sfigurato o non abbiano incontrato consensi, anche al di là delle nostre delegate e dei nostri delegati. E’, però evidente, che sul punto della non elezione del segretario, la nostra proposta era isolata e, per i numeri in campo, tale da non essere determinante (anche se per pochissimo, come ha dimostrato l’elezione a segretario di Ferrero).
Nella lunga notte tra sabato e domenica, si è consumata la rottura nella commissione politica. Il giorno precedente, il venerdì, la commissione politica non si è riunita perché la delegazione del ‘secondo documento’ non si è presentata. Il motivo è stato del tutto oscuro: perché erano in corso riunioni dei delegati delle singole mozioni (cosa che avviene in tutti i congressi). Il motivo diviene meno oscuro attraverso una lente di interpretazione: si voleva vedere se, nella riunione della mozione 1, si sarebbe verificata la spaccatura di cui si parlava tra giovedì e venerdì (ripresa da tutti i giornali) tra la componente “essere comunisti” e quella più legata a Ferrero.
C nche se mo i numeri per farlo e, forse neancheesto congresso: evitare la spaccatura verticale del partito.
La spaccatura non c’è stata e la giornata di sabato è stato “il giorno più lungo” della commissione politica. Prima riunione, dalle 13,30 alle 15,00 in plenaria in cui si è deciso di dare incarico di redigere il documento finale a un gruppo ristretto in cui fossero rappresentate tutte le mozioni. A seguire, prima riunione di tale gruppo ristretto con l’incarico a un compagno di proporre una prima stesura, avvalendosi di tutti i contributi possibili. Alle 19,30 circa, seconda riunione del gruppo ristretto fino a circa le 23. Nella riunione vengono circoscritti 4 punti di dissenso: la premessa, con la richiesta di introdurre la frase che nessun documento aveva vinto e cancellare l’espressione che il congresso respinge la proposta della costituente della sinistra; il rapporto con il PD, con la richiesta di essere meno drastici nell’escludere la possibilità di accordi e maggiore attenzione alle alleanze locali; le elezioni europee e la sinistra europea, con la richiesta di precisare che il programma con cui ci si presenta è quello che verrà definito in autunno con il Partito della Sinistra Europea e di precisare in maniera inconfutabile che la ricerca di rapporti unitari esclude la possibilità di simbolo comune anche con il PdCI; l’inserimento nel testo di punti di innovazione politica e culturale del PRC, quali la nonviolenza e la critica del potere. L’intesa è per una nuova riunione di tutta la commissione politica alla fine della seduta sullo statuto. La riunione si tiene alle 3,30. All’inizio della riunione, la delegazione del secondo documento fa una dichiarazione pregiudiziale di ritiro dalla commissione perché si sarebbe trovata di fronte a un accordo pregiudiziale degli altri 4 documenti. La richiesta, formulata dal rappresentante del 5° documento, almeno di ascoltare come si intendesse rispondere alle 4 obiezioni di contenuto non è stata accolta. Tra l’altro, sempre il rappresentante del 5° documento, aveva proposto, in caso di disaccordo ancora persistente, di votare il documento per parti separate. La proposta non ha avuto la possibilità di essere presentata in quanto la delegazione del 2° documento lasciava la sala, dichiarando la volontà di presentare un documento alternativo.
Anche qui, il motivo di tale abbandono può risultare meno oscuro secondo questa lente di interpretazione: era risultato chiaro che, non essendoci stata la spaccatura nel 1° documento, con il concorso degli altre 2 documenti e la nostra annunciata astensione, la candidatura a segretario di Vendola non aveva i numeri per essere approvata, mentre Ferrero, almeno teoricamente, aveva i numeri per essere eletto.
Malgrado questo fatto, sempre su richiesta del rappresentante del 5° documento, la commissione non si è sciolta, lasciando il documento così come era, e come altri rappresentanti volevano, ma si è continuato a discutere fino alle 6 per inserire le modifiche che erano state richieste, secondo, naturalmente formulazioni che trovavano un accordo unanime nella commissione.
Veniva inserita l’espressione che il “Congresso registra che nessun documento ha ottenuto la maggioranza”, pur mantenendo l’espressione successiva “respinge la proposta della costituente della sinistra”. Sul rapporto con il PD, rimaneva la medesima stesura che parla di alternatività e sulle giunte locali veniva inserita la frase che ribadisce la piena titolarità delle realtà territoriali del partito a decidere (come da sempre avviene, peraltro). Sulle elezioni europee, veniva inserito il riferimento al programma comune della Sinistra europea da predisporre in autunno. Sulla presentazione del simbolo e della lista, il documento conteneva già affermazioni perentorie. In ogni caso, alla luce anche della modifica allo statuto votata alcune ore prima, che afferma che per presentare alle elezioni politiche ed europee un simbolo differente da quello del PRC occorre il 75% del comitato politico nazionale, una qualsiasi polemica appare addirittura grottesca. Infine, veniva inserita una frase secondo cui “la nonviolenza non è per noi un assoluto metafisico ma una pratica di lotta da agire nel conflitto e nella critica del potere” e secondo cui il PRC è “interno” al movimento contro la globalizzazione neoliberista.
Abbiamo svolto, la domenica alle 9 una riunione di tutta la delegazione del 5° documento. La decisione di votare a favore è stata motivata considerando che nel documento si riflettono i punti politici fondamentali della nostra mozione, esposti nei nostri interventi. Tale decisione non faceva venire meno le ragioni della nostra proposta di non eleggere il segretario.
Nella drammatica seduta del cpn per l’elezione del segretario, abbiamo avanzato la proposta di non passare al voto e di eleggere i o il portavoce. La proposta non è stata ripresa da nessun altro membro del cpn proveniente da un altro documento e il presidente della commissione di garanzia, Salvatore Bonadonna (che aveva aderito al 2° documento), non l’ha posta ai voti perché il cpn era riunito solo come seggio elettorale e non poteva discutere pregiudiziali politiche (questione opinabile ma ininfluente perché, comunque, sarebbe stata bocciata). A quel punto i nostri compagni si sono astenuti, votando scheda bianca. Si è trattato di una scelta molto difficile perché, a causa dell’interpretazione del nostro statuto, le schede bianche, tecnicamente si sommano ai voti contrari, nel senso che il candidato deve raggiungere la maggioranza dei voti favorevoli, compresi, oltre i no, le schede bianche, quelle nulle ecc. Il quorum, su 281 votanti, era quindi di 141 voti e Ferrero ne ha presi 142 ed è stato eletto per soli due voti. Si sarebbe potuto fare la scelta di non partecipare al voto e, a quel punto, si sarebbe abbassato il quorum. Come compagne e compagni eletti nel cpn, abbiamo ritenuto, però, che fosse necessario essere coerenti con quanto detto in tutto questo periodo, ovvero che ci saremmo astenuti. Ciò anche perché avevamo chiesto alle compagne e ai compagni del 1° documento un passo indietro e, rispetto alle dietrologie politiciste e alle calunnie, non volevamo dare alcun appiglio: la non partecipazione sarebbe stato inteso come indice di minore fermezza su un punto che ha qualificato il nostro documento lungo l’intero percorso congressuale. In questo contesto, nulla di personale contro Ferrero, ma era giusto che fosse eletto con le sue forze e senza aiuti.
4. Questo ci porta all’attualità di queste ore. Le interpretazioni sul documento approvato sono al di là di ogni lettura politicamente onesta. Stalinismo, rinculo identitario, settarismo, chiusura, ecc. Si tratta di mistificazioni belle e buone. Certo, ci sono posizioni più ragionate come quelle di Gigi Sullo, o più appassionate come quello di Revelli che pongono comunque questioni cruciali come quelle di comprendere le dinamiche sociali, di come rispondere alle politiche di Berlusconi, di come ritessere le fila dei movimenti di opposizione e di alternativa, di quali alternative economiche prospettare oltre il keynesismo, di come ripensare ‘l’apparecchio politico’ (Gramsci), cioè il partito. A Chianciano si è ancora una volta rivelato che se il partito diviene una istituzione totale, questa genera dinamiche regressive e relazioni aggressive distruttive della collettività e dei rapporti finanche personali. È tempo di richiamarsi alle motivazioni etico-politiche di fondo e alle vocazioni del nostro personale impegno: la critica del potere passa anche attraverso una critica del nostro modo di essere soggettivo, dei nostri comportamenti e delle nostre motivazioni e azioni. Il potere corrompe: è il liberale Lord Acton a ricordarcelo prima ancora del subcomandante Marcos. Il partito deve dotarsi di anticorpi, quelli di Carrara erano i primi, ma ne occorrono di più forti.
A Chianciano il tentativo di un documento quale sintesi unitaria o per circoscrivere il dissenso a pochi punti da votare alternativamente per parti separate sarebbe stato possibile Anzi, le differenze sostanziali con il documento alternativo non sono così enormi come si vuole far intendere. Basta leggerli. La responsabilità spetta a chi ha prima lasciato trascorrere il tempo senza discutere e poi fatto precipitare la situazione con l’abbandono della commissione senza permettere in quella sede la discussione e il pronunciamento con i voti. Visto che non si sarebbe eletto Vendola, il ‘secondo documento’ ha preferito la spaccatura. Gli altri hanno comunque una responsabilità. Votato il documento, anche solo per favorire una ricomposizione, potevano rinunciare alla elezione del segretario. Non lo hanno fatto. Era legittimo, ma non ci hanno convinto.
Delle prime ore apprezziamo la disponibilità data con l’elezione alla presidenza della ‘garanzia’ di un rappresentante del 2° documento, e che sia stato confermato il tesoriere precedente e sia stata avanzata la proposta di segreteria unitaria. Non apprezziamo assolutamente che molti non si siano congratulati con il segretario eletto e che si sia scivolati in dichiarazioni inaccettabili per toni e contenuti. Una votazione non è la fine del mondo, un congresso non è la fine del partito. Specialmente non si può essere così presuntuosi da far coincidere la fine del partito con la propria sconfitta in un congresso. Il partito è in una condizione drammatica ora che ha vinto Ferrero, ma lo sarebbe stato anche se avesse vinto Vendola. Lo sarebbe anche se avesse prevalso la nostra proposta, anche se forse il clima sarebbe migliore. Rispetto alla critiche fuori da noi, lasciamole perdere. Chi ha la memoria corta, non fa molta strada. Ricordate cosa dissero di Bertinotti e del PRC nel 1998 e dopo nel 2001, quando ci presentammo da soli? Parole analoghe e peggiori di oggi. Poi, le cose cambiarono…Perché ? perché dimostrammo che avevamo una forza e con le forze si fanno i conti. Così vale per oggi. La strada è lunga e difficile, quasi impervia. Ma non è fuori dalla nostra portata. Ci saranno tentazioni settarie dentro il partito ? Vedremo e se verranno, affrontiamole a viso aperto ! Una cosa, mai. Valeva prima per chi si opponeva alla Sinistra Arcobaleno e vale per oggi. Contrastiamo con tutte le nostre forze il “cupio dissolvi” di chi, perché è in minoranza, preferisce la sconfitta e l’azzeramento del partito. Le maggioranze e le minoranze cambiano, e cambieranno nel futuro. La costruzione di una sinistra di alternativa e, dentro di essa, la rifondazione comunista, vanno oltre le odierne maggioranze e le minoranze.
5. Questo metodo di praticare il conflitto politico parla anche di noi. Abbiamo condiviso una importante esperienza. Non ne siamo pentiti. Alcuni di noi, stavano per lasciare e non avrebbero partecipato al congresso. Abbiamo, invece, preso la parola. Tutto ciò che abbiamo costruito, lo abbiamo fatto con le nostre mani. Non abbiamo cercato nessuno e neanche tra noi tre ci siamo cercati. Ci siamo trovati lungo un percorso. Anche con chi, nelle federazioni, ha condiviso questa ispirazione e con chi, nella sede della Direzione, svolgendo funzioni politiche o incarichi di lavoro ha voluto liberamente, limpidamente, dare una disponibilità. Abbiamo tenuto una relazione libera e senza veli. Abbiamo cercato di praticare, anche nelle relazioni tra di noi, un altro modo di fare politica. Si sono attivate, con le riunioni, gli interventi su Liberazione, la comunicazione orizzontale, esperienze e intelligenze. Se si volessero indicare due caratteristiche di questa esperienza esse sarebbero di sicuro la trasparenza e il disinteresse. Fino a Chianciano, dove abbiamo avuto una delegazione in cui non c’erano differenze tra delegati, invitati e funzionari di partito, abbiamo cercato di rompere paratie e di avere circolarità orizzontale nella comunicazione. Abbiamo compiuto degli errori, noi specialmente. Il nostro risultato complessivo non è stato all’altezza. Noi avremmo potuto fare di più perché nelle federazioni dove vi è stata un’attivazione, abbiamo ottenuto un consenso considerevole. Bastavano 400 voti in più, un 1% e avremmo determinato una situazione tale che sarebbe stato impossibile eleggere il segretario perché non avrebbero avuto i numeri. Ci abbiamo provato, non ci siamo riusciti, ma non siamo pentiti. Anzi, siamo debitori a quanti/e hanno sostenuto il 5° documento per aver consentito a tutti/e noi di non restare muti/e e di far sentire una voce, che riteniamo ancora essere quella della ragionevolezza e dell’invito alla ricerca e alla mobilitazione unitarie. Senza di voi, questa voce non ci sarebbe stata. Anche se, lo ripetiamo, speravamo che questa voce fosse più forte e incisiva.
6. Ora, abbiamo annunciato che il percorso organizzato intorno al documento è finito perché il congresso è alle nostre spalle. Rinunciamo, cioè, a trasformare il documento in una area politica e programmatica dentro il partito. Questo non significa che non possiamo incontrarci, scambiarci opinioni e sviluppare un confronto. La differenza è in quel “possiamo”. Se formassimo una componente, quel ‘possiamo diverrebbe un “dobbiamo”. Chi vuole, in modi liberi, senza discipline e senza organigrammi. Rinunciamo a soldi (saranno pochi ma ci sono sempre stati), posti di diritto in organigrammi, funzionari, ecc. Anche per le cariche. Ferrero ha annunciato che chiederà a tutte le mozioni di entrare in segreteria e a tutti di avere incarichi. Per quanto ci riguarda, non faremo proposte, non ci riuniremo per fare elenchi (peraltro sarebbero alquanto brevi), ecc. Se il segretario, la direzione, ecc. avanzeranno proposte a compagne e compagni che hanno votato il 5° documento, esse/i decideranno liberamente, come donne e uomini singoli/e. Al cpn, si interverrà e si voterà, ognuno secondo le proprie idee e la propria coscienza. Così ovunque. Non avremo richieste per il futuro responsabile dell’organizzazione per sistemare con incarichi compagne o compagni nelle federazioni.
Non vogliamo restare soli. Vogliamo stare assieme con tutte e con tutti.
Non è un modo per lasciarci. Forse è l’unico modo per restare davvero assieme per libera scelta.
Walter De Cesaris, Franco Russo, Gabriella Stramaccioni
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